Scheda film
Titolo originale: Kurt Cobain:Montage of heck
Regia, Soggetto e Sceneggiatura:Brett Morgen
Fotografia: Eric Edwards, James Whitaker e Nicole Hirsch Whitaker
Montaggio: Joe Beshenkovsky e Brett Morgen
Costumi: Marloes Liebrand
Musiche: Nirvana
Suono: Jason Anderson, Anthony Enns, Devin Golub ed Eric Thomas
USA, 2015 – Documentario – Durata: 145′
Uscita: solo 28 e 29 aprile 2015 e poi dal 22 luglio 2015
Distribuzione: Universal Pictures

La banalità del Maalox

Il talento di Kurt Cobain era, è e sarà quantitativamente legato ai soli tre album incisi con i suoi Nirvana, due dei quali ormai impressi nell’immaginario collettivo: (“Bleach”,) “Nevermind” e “In utero”.
Ma il suo talento artistico era, è e sarà sempre qualitativamente indiscutibile: uno dei motivi per cui a raccontarlo e circoscriverlo servono (e forse non bastano) quasi due ore e mezza di documentario. A metterci le mani, su commissione della figlia Frances Bean Cobain, ci pensa Brett Morgen, già autore di Crossfire hurricane sui cinquant’anni dei Rolling Stones e quindi in un certo senso uno specialista.
Kurt Cobain, membro involontario come Janis Joplin, Amy Winehouse e Jimi Hendrix dell’infame “Club dei 27”, ossia quegli artisti che per circostanze tragiche non siano riusciti a compiere dai ventott’anni in su, è figlio del suo tempo, come già mostrano le primissime immagini di repertorio scelte dal regista. Nato nel 1967, mentre naturalmente gli sfuggiva pian piano dalle mani, ha visto la sua vita imprimersi sui più disparati supporti di registrazione, sia in audio che in video: nastri magnetici di varia fedeltà, filmini super 8, vinili, cd, dvd, vhs e chi più ne ha più ne metta.
Questo ha permesso a Morgen di attingere ad un vastissimo archivio di documenti per poter raccontare la vita di Cobain. Ma, non contento di questo, ha raccolto numerose interviste: ai genitori, all’ex moglie Courtney Love (e madre della figlia), ad ex-componenti della band. Ed ha pure integrato numerose sequenze animate a cura di Stefan Nadelman e Hisko Hulsing in alcuni tra i momenti più delicati, andando oltre il puro atto documentaristico, così come ha messo in scena gli appunti più inquietanti di Kurt, in una sorta di animazione ipnotica.
Ne esce fuori, malgrado l’autorizzazione e la commissione filiali dell’intera operazione, un ritratto genuino e spesso crudo, realistico, a volte davvero allarmante, soprattutto nelle sequenze che vedono il cantante e la compagna, visibilmente non orientati nel tempo e nello spazio grazie all’effetto di chissà quale sostanza psicotropa, alle prese con quella figlia allora neonata che proprio oggi li ha voluti portare sullo schermo, forse anche per un piccolo egoismo: quelli di conoscerli meglio, di sentirli più suoi.
Dopo le libertà prese da Gus Van Sant in Last days, ispirato agli ultimi giorni del cantante, Cobain: Montage of heck (da un collage musicale fatto da Cobain con un registratore a cassette a 4 tracce nel 1988) più che il frontman dei Nirvana, idolatrato da migliaia di fan, o il portavoce di una generazione (la “x”), vuole mettere in luce l’uomo, il marito, il padre.
Ben realizzato ed a tratti davvero difficile da sopportare, pur se criticato da amici di Kurt per come la sua stessa famiglia abbia voluto dipingerlo (male) – ma, si sa, il mondo è bello perché è vario – il documentario di Brett Morgen, facendo la felicità di fan come di curiosi neofiti, cerca di restituire, anche nell’andamento sconnesso e confuso della narrazione, una figura esemplare dei suoi, nostri tempi. Malmesso tra il suo disturbo bipolare, la depressione, lo stress post traumatico, una bronchite cronica ed intensi dolori di stomaco, attribuibili probabilmente ad un’ulcera gastrica. Ma sempre e solo Kurt.

Voto: 7

Paolo Dallimonti