Scheda film
Regia e Soggetto: Cristina Comencini
Sceneggiatura: Cristina Comencini e Giulia Calenda
Fotografia: Italo Petriccione
Montaggio: Francesca Calvelli
Scenografie: Paola Comencini
Costumi: Alessandro Lai
Musiche: Andrea Farri
Suono: Maurizio Aregntieri
Italia, 2015 – Commedia – Durata: 104′
Cast: Virna Lisi, Marisa Paredes, Angela Finocchiaro, Valeria Bruni Tedeschi, Candela Peña, Pihla Viitala, Nadeah Miranda, Cecilia Zingaro, Francesco Scianna
Uscita: 19 marzo 2015
Distribuzione: 01 Dsitribution

Le famiglie dell’attore

A dieci anni dalla scomparsa di Saverio Crispo (Francesco Scianna), uno dei più grandi attori italiani, “un genio”, come lo definisce ancora oggi il critico Flavio Picci (Tony Bertorelli), il paesino di San Vito dei Normanni (BR) lo celebra con una retrospettiva ed una serie di iniziative. Le cerimonie riuniscono nella sua grande casa le sue famiglie. Sì, perché il latin lover in questione – da cui il titolo – ha avuto una famiglia italiana, con l’inossidabile moglie Rita (Virna Lisi) e la primogenita Susanna (Angela Finocchiaro), una spagnola con Ramona (Marisa Paredes) e la figlia Segunda (Candela Peña), una figlia francese nella persona dell’attrice Stéphanie (Valeria Bruni Tedeschi), una figlia svedese, Solveig (Pihla Viitala) ed una americana, la complicata Shelley (Nadeah Miranda). Donne che hanno conosciuto poco l’uomo e molto il mito, ne faranno rivivere la figura attraverso segreti e rivelazioni di cui non tutte sono a conoscenza…
È la magia del cinema: permette da una parte di creare un mito praticamente da zero, clonando e citando un passato glorioso, dando vita ad un essere immortale mai esistito; dall’altra consente di rendere omaggio imperituro ad un’attrice appena scomparsa che ha regalato al pubblico la sua ultima interpretazione sul grande schermo.
Questo è Latin lover di Cristina Comencini, che se da un lato appunto ricorda Virna Lisi, dedicandosi a lei nelle prime didascalie sui titoli di coda, dall’altro inventa una figura altamente simbolica per rendere ossequio al grande cinema italiano del passato. Saverio Prisco è in grandissima parte Vittorio Gassman (cui Scianna somiglia tantissimo), poi Marcello Mastroianni e Gianmaria Volontè (che però curiosamente non ebbe fama di sciupafemmine) nelle divertenti e filologiche immagini di repertorio, ma anche Ugo Tognazzi, almeno per la famiglia svedese, ed anche molti altri.
Partendo come una sorta di documentario, col critico Picci che racconta alla macchina da presa le gesta dell’attore e rievoca le cinque fasi della sua carriera, andando poi sul territorio del racconto di finzione scopriamo come egli ne abbia combinate più di Carlo in Francia, dando vita a ben cinque famiglie (forse anche sei…) sparse per il globo, senza risparmiarsi – con somma ironia di scrittura – neanche un flirt omosessuale con la sua controfigura degli Spaghetti Western, che sarà la rivelazione più scioccante per le sue figlie.
Tra colpi di scena ed equivoci, le figlie (e le due mogli) si confrontano con un uomo che si sono illuse di conoscere, senza mai conoscerlo veramente: un egocentrico, un figlio di puttana, un vero grande attore che ha recitato per tutte la parte che in quel momento più gradivano.
E se le donne, vittime apparenti, la fanno in realtà da padrone, gli uomini escono piuttosto malconci dal copione: inetti, sciupafemmine e bugiardi.
Omaggiando anche i film del padre Luigi, di cui è stata la primogenita (come Susanna Crispo, sua palese alter-ego), Cristina Comencini si lascia andare ad un ricordo molto efficace, sia grazie ad un accurato lavoro di scrittura, in collaborazione con la figlia Giulia Calenda, e di regia (ottime e citazioniste le musiche di Andrea Farri), sia per merito di un cast altisonante ed affiatatissimo, dove ogni attore ed attrice è perfettamente in parte. A dominare letteralmente la scena, nella storia e sullo schermo, appunto le due dominae, ossia Marisa Paredes e Virna Lisi, che dopo troppe fiction è tornata sul grande schermo per un grandissimo, ultimo saluto.
E per una volta, anche se l’italiano è un po’ eccessivamente parlato da figlie straniere che hanno troppo poco conosciuto il padre nostro connazionale, è un piacere ascoltare quella moltitudine di sfumature diversamente ed esoticamente accentate della nostra bella lingua.
In un riuscito affresco satirico sul nostro cinema, che rimanda per acutezza e malinconia a certi film di Ettore Scola, rivive così una stagione che non potrà più tornare e di cui, come il pesante ingombro di Prisco, sarebbe forse ora di liberarsi, ma che vale ancora la pena ricordare con affetto ed ironia.

Voto: 7

Paolo Dallimonti