«La mente è come un paracadute: funziona solo se si apre». C’è chi dice Frank Zappa, c’è chi dice James Dewar e c’è chi dice Albert Einstein: sull’autore non esistono certezze, ma sul valore dell’aforisma nessuno può questionare. Per fare in modo che la mente funzioni è necessario che funzioni la nostra capacità di osservare le cose. La nostra capacità di utilizzare lo sguardo, che della mente è il detonatore. Se gli occhi vedono, però, sono anche capaci di viaggiare, di spaziare, di andare oltre a ciò che stanno effettivamente vedendo? Al grande potere dello sguardo il graphic designer Roberto Rosolin ha dedicato l’immagine ufficiale del Far East Film Festival 27: un intenso ritratto femminile che ci porta altrove, al di là dei limiti e dei muri, lungo le mille possibili traiettorie della fantasia e della libertà.
La ventisettesima edizione del FEFF, che dal 24 aprile al 2 maggio animerà il Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” e gli spazi del Visionario, è pronta a restituire nuovi sguardi sul cinema asiatico. Nuove traiettorie della fantasia e della libertà che, per nove giorni, trasformeranno Udine nell’epicentro orientale d’Europa. Nato il 10 aprile 1999 e poi cresciuto fino a diventare – citando Variety – «uno dei 50 appuntamenti mondiali da non perdere», il Far East Film Festival non ha mai smesso di essere la casa di autentiche leggende (come Jackie Chan e Joe Hisaishi), registi cult (come Johhnie To, Takashi Miike, Takeshi Kitano, Zhang Yimou), dive e divi, key player.
Bona (Lino Brocka). La giovane Bona (la diva Nora Aunor) è una studentessa borghese maltrattata in famiglia che diventa ossessionata con Gardo (Philip Salvador), un attorucolo di film d’azione, al punto da abbandonare la scuola ed andare a vivere con lui nella più grande baraccopoli di Manila. Ma lì la ragazza continua a subire altri abusi… Dal 1980 un capolavoro perduto del neorealismo filippino, restituitoci in un restauro superlativo, diretto dal rinomato regista Lino Brocka, il più importante autore filippino. scomparso in un incidente stradale nel 1991. La folle odissea di Bona è una metafora del pericolo delle idolatrie cieche: non a caso il film si apre con il consueto pandemonio annuale della Festa del Nazzareno Nero a Manila. I due attori protagonisti erano all’apice dello star system nazionale e si sono letteralmente spogliati della loro aura per costruire due personaggi umanamente piccoli e non sempre gradevoli. Gigantesco. Fuori concorso/Restored classics. Voto: 8
Shake, rattle & roll (Ishmael Bernal, Emmanuel H. Borlaza e Peque Gallaga). Dal 1984 un horror molto noto in patria, migliorato, ma non del tutto restaurato – e un po’ si vede! – uno dei pilastri del genere nelle Filippine, importante per aver dato origine ad una nuova ondata di pellicole. Tre capitoli: Baso (bicchiere), che intreccia in modo mirabile lo zombie movie, lo spiritismo e la dominazione spagnola del Paese; Pridyider (frigorifero), che anticipa lo Z-movie The refrigerator di Nicholas Jacobs del 1991 e che verrà rifatto nel 2012 col titolo Fridge, su un frigorifero che mangia gli esseri umani; infine il folkloristico Manananggal, il migliore, su uno spirito locale, citato persino nei documenti dell’epoca coloniale spagnola, scritti da esploratori e frati che riportavano le credenze degli indigeni del tempo, che verrà fronteggiato dal ragazzino che l’ha risvegliato, con l’aiuto dei fratellini e della nonna, anticipando di poco I goonies, l’episodio La promessa degli amanti de I delitti del gatto nero/Tales from the Darkside: The movie e soprattutto Stranger things. La pochezza di mezzi – evidente in troppi effetti notte a dir poco forzati e in una citazione musicale di “Thriller” di Michael Jackson sotto la soglia del minutaggio per non pagare i diritti d’autore – cattura lo spettatore e dona spessore ad un film estremamente divertente e affascinante, coi suoi sprazzi di critica storico-sociale, presenti in tutti gli episodi, e con effetti speciali non sempre maldestri. La visione è quasi ipnotica. Piccolo capolavoro. Fuori concorso/Retrospctive. Voto: 8
GATAO: Like father, like son/GATAO: Tale padre, tale figlio (Yao Ungh-i e Ray Jiang). L’ambizioso Michael, figlio del boss Ko, spaccia droga nel territorio delle altre gang, in una metropoli senza nome nel nord di Taiwan, protetto dal padre, fin troppo indulgente. Questa è la miccia che fa scoppiare una guerra tra gang. In questa ragnatela di tensione restano invischiati anche il giovane Meng, appena uscito dal carcere, e i suoi fratelli, aspiranti gangster, che Michael usa per i suoi traffici. Nere nubi all’orizzonte… Quarto capitolo di una saga taiwanese iniziata nel 2015, in realtà una sorta di prequel stand-alone fruibile, anche se con meno entusiasmo, anche dai neofiti. Film tesissimo e molto divertente, con attori davvero in parte, con una regia curata che cerca di regalare umanità anche a criminali senza scrupoli e con una scrittura che relega i giovani a pedine inconsapevoli dei grandi vecchi gangster, spietati burattinai sullo sfondo. Una saga lungi dal concludersi… Epico. Concorso. Voto: 7 e ½
Guddorakku/Good luck/Buona fortuna (Adachi Shin). Taro (Hiroki Sano), un documentarista indipendente, oscilla nella vita alla ricerca di una destinazione esistenziale e artistica, mentre la sua ragazza pensa a tutto ciò che è pratico. Ad un festival a Beppu, dove è stato invitato, dopo la proiezione di un suo film incontra la solare attrice Miki (Hana Amano), anche lei in piena ricerca esistenziale… Un incontro che ricorda Before Sunrise di Richard Linklater, anche citato, narrato in leggerezza e scioltezza, non senza una massiccia dose di ironia, con la macchina da presa che danza costantemente intorno a loro, in numerosi piani-sequenza. Due anime vaganti che non si cercano, si incontrano e che forse andranno avanti per conto loro. (Meta)Cinematografico.Concorso. Voto: 7 e ½
Làm Giàu Với Ma/Betting with ghost (NguyenNhat Trung). Il giovane Lanh, dopo essere stato colpito da un fulmine, inizia a vedere il fantasma di una giovane donna. Ne approfitterà per farsi dare una mano nelle scommesse clandestine su galli da combattimento, per salvare il padre dai creditori, in cambio dell’aiuto alla donna nella ricerca della figlia perduta alla nascita… Divertente film d’azione e mistero, costellato da numerosi colpi di scena fino alla fine, alcuni anche troppo esasperati. Commedia e soprannaturale si alternano, non sempre in maniera equilibrata, ma nel complesso il film si lascia guardare e l’intrattenimento non manca. Vincente l’idea di accostare i fantasmi, la malattia grave e l’aldilà, questa gestita in modo molto più efficace. Mistico. Concorso. Voto: 7
See you tomorrow (Michimoto Saki). Con una fotocamera reflex appesa al collo, la studentessa di fotografia Nao va in giro cercando soggetti di vita vissuta da ritrarre. Intorno a lei altri studenti e amici, la simpatica Sayo, il chiacchierone Tada e il tormentato Yamada. Ma nessuno sembra avere la stoffa e la determinazione di Nao, che sarà l’unica a farcela. Dopo il diploma, seguiranno le proprie strade riunendosi quattro anni dopo e scoprendo che Yamada è scomparso… Esordio nel lungometraggio della regista di Osaka Michimoto Saki, il film affronta la tematica molto comune, in Giappone, degli amici che si separano ed è ambientato in un’accademia d’arte, luogo molto noto alla cineasta. La pellicola segue i suoi protagonisti, giocando molto – non a caso – con le immagini. Bellissimo ed emblematico il finale. Fotoromantico? Concorso. Voto: 7
Warui natsu/A bad summer/Una brutta estate (Hideo Jôjô). In una brutta e calda estate, Mamoru Sasaki (Takumi Kitamura), un candido impiegato addetto al controllo dei sussidi, spinto dalla sua responsabile a combattere fortemente le ingiustizie, si innamorerà di una tormentata assistita prendendosi a cuore la sua figlioletta. Il giovane si vedrà travolto in un gorgo di colleghi corrotti, di yakuza senza scrupoli nel quale anche il suo amore rischierà di soccombere. Come se non bastasse, un forte temporale estivo incombe sulla città… Il prolifico regista giapponese ci conduce in una tesa spirale di violenza dove nessuno è innocente o è realmente quel che sembra. Un inferno in cui l’unica veramente pura è la piccola Yuko, perché ha il dono della purezza infantile. Anche se il finale purificatore – l’acqua lava tutto – tocca un po’ troppo le corde del melodramma, in un crescendo esagerato e quasi inverosimile, portando tutti i personaggi sulla scena (del crimine), riesce a tenerci incollati allo schermo fino in fondo. Nelle ultime scene, usciti rotti dalle vicende vissute, si leccano tutti le ferite: chi aveva qualcosa, ha perso tutto; chi non aveva nulla, ha guadagnato qualcosa. Melodrammatico. Concorso. Voto: 7
Cheonnyeon ho/A thousand year fox/Una volpe di mille anni (Shin Sang-ok). Nel IX secolo, la regina Jinseong seduce un generale e ne bandisce la moglie dalla capitale. Durante il viaggio la moglie Yeohwa è attaccata dai banditi e, per sfuggirli si getta in un lago. Il suo disperato desiderio di vendetta attira uno spirito volpe imprigionato nelle acque e Yeohwa la accetta nel suo cuore, con il risultato di riemergere miracolosamente viva, ma trasformata in una creatura metà essere umano e metà mostro, cui tutti daranno la caccia. Il film, girato nel 1969, appare un po’ datato, benché ottimamente restaurato nel 2025, e ricorda curiosamente diversi peplum con derive fantastiche dello stesso decennio. da Ercole al centro della Terra di Mario Bava a Ercole alla conquista di Atlantide di Vittorio Cottafavi, passando per Maciste all’Inferno di Riccardo Freda, nonché le pellicole della Hammer delle stesse due decadi e di quelle immediatamente precedenti. Per il resto l’opera è melodrammatica, melensa, rozza (pure qui gli esterni notte grossolanamente realizzati abbondano!), ma anche a tratti… irresistibile! Feulleiton. Fuori concorso/Retrospective. Voto: 6 e ½
Deoreoun done sondaeji mara/Dirty money/Denaro sporco (Kim Min-soo). I detective Myung-deuk (Jung Woo) e Dong-hyuk (Kim Dae-myung) pensano di avere il piano perfetto per cambiare le proprie vite quando ricevono una soffiata su un’operazione di riciclaggio di denaro da parte di un’organizzazione criminale cinese. Durante il colpo però si verifica un imprevisto e i due poliziotti corrotti, man mano che cercano di coprire ciò che hanno fatto, si ritrovano sempre più nei guai… Intrigante poliziesco che ha appreso la lezione di John Woo e di Infernal affairs, ma che non riesce a trovare fino in fondo una sua identità, pur intrattenendo lo spettatore. Derivativo. Competition. Voto: 6 e ½
Gumiho/The fox with nine tails/La volpe a nove code (Park Heonsu). A Seul un giovane tassista incontra Hara, una ragazza bellissima di cui si innamora. Ma un uomo misterioso lo avverte che la donna è molto più pericolosa di quanto sembri. Hara infatti è la reincarnazione dell’ultima gumiho (volpe a nove code) rimasta al mondo. E l’uomo misterioso è il Tristo Mietitore n. 69 mandato sulla terra su decreto ufficiale firmato dal re degli inferi Yeomra che ha ordinato di catturare la gumiho… Film davvero curioso, sorta di remake aggiornato di Cheonnyeon ho/A thousand year fox/Una volpe di mille anni, il primo ad utilizzare effetti speciali digitali in patria (siamo nel 1994) per un totale di cinque minuti, che va a scomodare persino gli inferi, con una gustosa cornice iniziale, senza trascurare l’uso di un po’ di ironia, ma che poi si perde parecchio per strada, tra fantasy e comicità più stonata che involontaria. Un vero hellzapoppin’ sgangherato! Fuori concorso/Retrospective. Voto: 6 e ½
The scary house/La casa spaventosa (Watanabe Hirobumi). Il bizzarro autore dell’instant cult Techno Brothers, si dirige interpretando un regista assunto da una casa di produzione per realizzare un documentario. Il suo compito è quello di trascorrere una settimana in una casa infestata. Ce la farà?!:.. Film a zero budget (i produttori sono “la famiglia Watanabe”) che parte in maniera ironica per poi credere fin troppo a quel che fa e mostra. I brividi sono scarsi, l’umorismo si affievolisce, il divertimento è zero. La pellicola raggiunge a stento la sufficienza solo per un lieve citazionismo: la colonna sonora sui titoli di testa che scimmiotta efficacemente i Goblin di Profondo rosso e una palla bianca più volte mostrata che al cinefilo più incallito non può non ricordare Operazione paura di Mario Bava. Tutto qua? Fuori concorso/Special screenings. Voto: 6
Walking in the movies (Kim Lyang). Documentario su Kim Dong-ho, fondatore nel1996 del Busan International Film Festival (BIFF), una figura fondamentale per il cinema coreano. Da funzionario pubblico ad appassionato sostenitore del cinema, fino a regista in tarda età con il cortometraggio Jury. Il ritratto di una figura molto interessante, che ha lanciato il cinema coreano sui mercati (e i festival) internazionali, ma trattato in maniera troppo agiografica, chiudendo pure con il ricordo di due fondamentali collaboratori scomparsi, infilato alla fine quasi in maniera iettaroria. Se fosse stato più corto (dura un’ora e mezza!) sarebbe stato un ottimo servizio televisivo. Sufficienza solo per l’enormità del personaggio di cui racconta. Come parlare di cinema e sprecare un’occasione. Fuori concorso/Documentari. Voto: 6
Dal nostro inviato Paolo Dallimonti.