Scheda film
Titolo originale: A most violent year
Regia, Soggetto e Sceneggiatura: J.C. Chandor
Fotografia: Bradford Young e Robert Levi
Montaggio: Ron Patane
Scenografie: John P. Goldsmith
Costumi: Kasia Walicka-Maimone
Musiche: Alex Ebert
Suono: Michael Barosky
USA/EAU, 2014 – Azione/Drammatico/Thriller – Durata: 125′
Cast: Oscar Isaac, Jessica Chastain, David Oyelowo, Elyes Gabel, Lorna Pruce, Christopher Abbott, Matthew Maher
Uscita: 4 febbraio 2016
Distribuzione: Movies Inspired

Sale: 14

Sulla soglia

A Most Violent Year (titolo originale che rende molto più l’idea rispetto allo scialbo adattamento italiano) è uscito ormai da un anno negli States e probabilmente è già disponibile in dvd e blu ray, ma per probabili e varie vicissitudini produttive è arrivato qui in Italia solo ora. Se qualcuno, per curiosità, ha ogni tanto avuto modo di spulciare qualche classifica dei migliori film del 2014, ha visto spuntare il titolo di questo lungometraggio più di una volta nella top 10. Questa predilezione è più che giustificata, dato che A Most Violent Year è uno dei film meglio costruiti degli ultimi anni.
Il film si sviluppa come un thriller psicologico ambientato a New York City durante l’inverno del 1981, statisticamente uno degli anni più violenti nella storia della città. La sceneggiatura segue la vita di un immigrato e la sua famiglia che tenta di espandere i propri affari, ma viene trascinata in un vortice di violenza e corruzione che minaccia di distruggere tutto quello che ha costruito.
La radici di quest’opera sono multiformi: pur andando a prendere spunti innumerevoli del cinema della New Hollywood degli anni 70 (potremmo addirittura paragonare l’interpretazione di Oscar Isaacs a quella di Al Pacino ne Il Padrino, ma non lo faremo) il film si inserisce nella New Wave Hollywoodiana, che conta tra i suoi componenti più illustri il regista Bennett Miller (infatti un paragone con Foxcatcher per la caratterizzazione dei personaggi è inevitabile) e si connota per i sottili e quasi impercettibili confini attorno i quali si muovono i protagonisti, che rimangono fino alla fine sulla soglia di un cambiamento (mai in positivo) che riescono a percorrere solo alla fine, abbandonando tutti i buoni propositi che con fatica avevano provato a mantenere durante tutto l’arco drammaturgico. Spicca naturalmente su tutti il personaggio di Isaacs, che prova costantemente a muoversi all’interno della legalità e dell’etica, ma che viene messo costantemente alla prova da un microcosmo fatto di scorrettezze, violenze e doppi giochi.
Non può fare altro che venire alla mente il classico contrasto individuo-società: dove si ferma la responsabilità di un uomo e dove inizia l’influenza che l’ambiente circostante esercita su di lui? New York in questo caso ricorda quel piccolo mondo isolato dal resto del pianeta che in un film come The Tribe era un collegio e in Rosemary’s Baby era un grattacielo, dove gli equilibri e i rapporti interpersonali vengono deformati dalle circostanze e portano i personaggi a percorrere una strada obbligatoria verso la perdizione.
Così come succede spesso in ogni opera che parla di un microcosmo, la sineddoche con il suo conseguente macrocosmo è evidente. La città in questo caso non è altro che il mondo, un mondo dove la ricerca del profitto si è impossessata di ogni coscienza. Oppure è solo l’istinto animalesco di ogni individuo a sovrastare il prossimo? Come sempre, la risposta non è così importante.

RARO perché… mistero… è un piccolo capolavoro!

Voto: 8

Mario Blaconà