Film piuttosto angosciante e distopico che tratta tematiche tech insieme a tematiche umanistiche e romantiche. Conoscere l’amore significa conoscere il sacrificio. È una cosa meravigliosa, almeno sulla carta, ma in pratica, ciò che siamo disposti a sacrificare per chi amiamo è un terreno scivoloso. A che punto l’amore diventa distruttivo anziché rigenerante? Questa domanda aleggia sullo sfondo del secondo lungometraggio di Madeleine Sims-Fewer e Dusty Mancinelli, Honey Bunch, nascosto nelle ombre del loro incubo ispirato all’horror anni ’70 che interroga l’amore, la memoria e l’autonomia corporea.
Diana (Grace Glowicki) si è appena risvegliata da un coma che le ha causato perdita di memoria . Disperati, lei e suo marito Homer (Ben Petrie) si dirigono nel bosco, in una struttura sperimentale che promette di poterla curare attraverso un rigido regime di terapia, dieta ed esercizio fisico. Una volta guarita, tutto nel loro matrimonio dovrebbe andare per il meglio! Così, fanno i bagagli e si dirigono verso quello che sembra un castello nel mezzo della foresta del New England. Questi sono l tipiche premesse di un film gotico o dark dall’esito tipicamente non piacevole allegro o scanzonato….
Certo, Sims-Fewer e Mancinelli sanno che noi lo sappiamo, mentre creano con giocosità e amore un film che sarebbe perfetto per gli anni ’70, completa il clima una colonna sonora per flauto, palette di colori tenui e zoom enfatizzati che non fanno altro che enfatizzare la giocosità iniziale del film. Peccato che poi il film svolti su tutt’altro clima e stati d’animo, entrando in una sensibilità di pura angoscia thrilling e distopia che ci invita anche a riflettore sulla sottile ormai linea tra tecnologie e animo umano o forse addirittura spirito umano. Affascinante dall’inizio alla fine.
Voto 7
Vito Casale