Scheda film
Regia: Antonio Andrisani e Pascal Zullino

Soggetto e Sceneggiatura: Antonio Andrisani
Fotografia: Rocco Marra
Montaggio: Francesco De Matteis
Scenografie: Antonello Tolisano e Dario Albertini

Costumi: Chiara Aversano
Musiche: Francesco Fecondo e Peppino De Florio
Suono: Caro Licenziato
Italia, 2016 – Commedia – Durata: 80′
Cast: Flavio Bucci, Antonio Andrisani, Pascal Zullino, Ludovica Modugno, Antonio Stornaiolo, Riccardo Zinna, Andrea Osvart
Uscita: 26 ottobre 2017
Distribuzione: Moovioole

Provaci ancora, Pier Paolo

La Lucania, o Basilicata che dir si voglia, insieme al Molise è una delle regioni più misconosciute d’Italia. Malgrado Matera con i suoi Sassi sia patrimonio dell’UNESCO dal 1993, dai più continua ad essere attribuita candidamente a turno alle tre regioni circostanti.

La Basilicata, o Lucania che dir si voglia, cinematograficamente non è solo Rocco Papaleo, che pure ha dato un discreto impulso alla regione, ma ha anche due nuovi eroi: Antonio Andrisani e il più noto Pascal Zullino (già apprezzato ne Il rabdomante).

I due cineasti hanno la brillante intuizione di trasporre sullo schermo in forma di finzione – e questo è fondamentale! – le tribolazioni di una scalcinata troupe (sono solo in due, il regista Alberto Rizzo e l’aiuto Savino) che in quel di Matera cerca di realizzare un film-inchiesta sulle estrazioni di petrolio nella regione, ispirandosi però a Il vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini girato oltre cinquant’anni prima negli stessi luoghi. Protagonista sarà Frano Gravela (un maestoso Flavio Bucci), men che mediocre attore che da bambino fu comparsa per il regista friulano. La vicenda prenderà le blande pieghe del thriller quando una misteriosa “gola profonda” rilascerà al regista delle rivelazioni circa un noto ed influente imprenditore locale. Rivelazioni che cercherà incautamente di cavalcare…

Andrisani e Zullino hanno dalla loro la potente arma dell’ironia, rivolta verso tutti e spesso verso se stessi: non è difficile scorgere nei due protagonisti loro stessi e il tentativo di riscatto personale e di una intera regione. A metà tra il Cinico TV di Ciprì & Maresco, già a partire dalla fulminante scena iniziale, e toni più “alti” à la Sorrentino, soprattutto nelle musiche di De Floris e Fecondo, Il vangelo secondo Mattei (titolo che già da solo vale il prezzo del biglietto) si muove tra la migliore commedia all”italiana e il cinema d’impegno civile, riprendendo anche le tematiche del “Petrolio” pasoliniano, rendendo alternativamente l’una il pretesto dell’altro.

Il duo non risparmia nessuno e si fa beffe del cinema mondiale (e della locale Film Commission) che si ricorda di Matera solo per girare pellicole a sfondo religioso, di quello stesso filone cinematografico – Perché tutti i film su Gesù finiscono con la crocifissione? – scherza bonariamente su e con Pasolini – Sono state le sette sorelle ad ucciderlo, peccato il riferimento sia alle sette figlie del panettiere del paese – e si prende argutamente in giro.

Memorabile la scena metacinematografica in cui il regista sogna un finale alternativo, raccontandolo solo a parole per evidenti ragioni di budget sia sullo schermo che nella realtà, in cui Gesù possa incontrare sulla spiaggia una cagna che partorisca tra gli altri un cucciolo mostruoso, un piccolo cane a sei zampe (quel cane a sei zampe migliore amico dell’uomo a quattro ruote cui accennava Vittorio Gassman ne Il sorpasso). Ma subito dopo deve ritrattare: chi glielo farebbe un effetto così?! Ci vorrebbe Rambaldi…

Come ogni opera prima la carne al fuoco è tantissima, ma la tenacia dei due autori è tale da contenere e gestire l’enorme flusso di spunti, spargendo alcune trovate ed alcuni personaggi nel tessuto del racconto a mo’ di provini, tenendo così elevato il ritmo della narrazione. E realizzano anche “il colpaccio” introducendo nel cast, oltre a numerosi e preziosi camei, sia Flavio Bucci che Enrique Irazoqui, il vero Gesù di Pasolini, incontrato quasi miracolosamente.

Il vangelo secondo Mattei ha forse il piccolo difetto di non osare troppo, di non crederci fino in fondo, di valutare bene i propri limiti di opera a basso budget e nascondersi dietro ad essi, come se prendesse per buona la lezione che il regista nella finzione riceve sulla propria pelle. Ma, nell’asfittico panorama nazionale in cui un film su un film che non si riesce a fare è spesso solo un pretesto, mentre qui è un comodo e versatile contenitore, resta un piccolo grande film.

RARO perché… è un piccolo grande film che sta compiendo un tour lungo la penisola e… andrebbe aiutato…!

Voto: 7

Paolo Dallimonti