Scheda film
Titolo originale: Semmelweis
Regia: Lajos Koltai
Soggetto e Sceneggiatura: Balázs Maruszki
Fotografia: András Nagy
Montaggio: Zoltán Kovács
Scenografie: Pater Sparrow
Costumi: Györgyi Szakács
Musiche: Atti Pacsay
Suono: Jaka Skocir
Ungheria, 2023 – Drammatico – Durata: 127′
Cast: Miklós H. Vecsei, Katica Nagy, László Gálffi, László Gálffi, Tamás Kovács, Tímea Virga, Blanka Mészáros, Lilla Kizlinger
Uscita in sala: 14 agosto 2025
Distribuzione: Unicorn
Sale: 3
Fronte del parto
Uno dei più grandi errori della comunità scientifica internazionale, che ancora brucia come una ferita insanabile, nonostante la riabilitazione postuma. Nel 1847 l’ungherese Ignác Semmelweis, di fronte alle numerose morti per febbri puerperali delle pazienti che partorivano presso la clinica ostetrica all’Ospedale generale di Vienna, dove lavorava, ebbe un’illuminazione. Doveva esserci qualcosa che si trasmettesse dalle sale settorie, ove si tenevano le autopsie, alle sale parto in cui le partorienti davano alla luce i propri pargoli. Il giovane medico ebbe l’intuizione che i sintomi che avevano condotto a morte i cadaveri ispezionati fossero molto simili a quelli delle puerpere febbricitanti. Ma, siccome nessuno aveva ancora identificato gli agenti patogeni batterici – i lavori di Louis Pasteur arriveranno solo nel 1879 e quelli di Joseph Lister addirittura quattro anni dopo – era difficile capire che ci fosse un nesso e quale esso potesse essere. Semmelweis ebbe la brillante idea di far lavare le mani con una soluzione di acqua e candeggina a chiunque accedesse al suo reparto. Benché i dati gli dessero subito ragione, con una rapida scomparsa delle febbri nelle sue pazienti, un misto tra invidia, rivalità, orgoglio e potere, giocarono contro di lui, facendolo finire in manicomio, nonostante diversi plausi nella comunità scientifica internazionale.
Il connazionale Lajos Koltai, già famoso e stimato autore della fotografia per István Szabó e Giuseppe Tornatore, al suo terzo lungometraggio dietro la macchina da presa a distanza di oltre quindici anni da Senza destino e Un amore senza tempo, è tornato nel 2023 con una pellicola che unisce impegno e denuncia ad una elegante messa in scena cinematografica, alternando classici carrelli ad una macchina da presa più dinamica, sempre addosso al suo protagonista.
Il vero problema del film è però l’impianto narrativo classico, molto hollywoodiano ed anche un po’ manicheo – Koltai mostra di aver appreso fin troppo la lezione, avendo lavorato oltreoceano – che schiera subito i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, descrivendoli anche in maniera lombrosianamente fin troppo riconoscibile.
Un eccessivo slancio buonista descrive nel finale Semmelweis come un vincitore, romanzando eccessivamente la vicenda, spingendo un po’ troppo sul pedale della storia d’amore e mostrandocelo in fuga dall’Austria verso il suo paese, insieme all’amata assistente infermiera (l’ottima Katica Nagy) e alla di lei sorella, affidando soltanto ad un’ultima didascalia la notizia della psicosi che lo afflisse al termine della sua giovane vita, la quale lo condusse in manicomio e quindi alla morte.
La pellicola cerca il vero punto di quadra – e forse anche di rottura – nello stesso protagonista: scisso, sempre sudato e combattuto, drammaticamente in lotta con se stesso, con i propri demoni e con quelli, inafferrabili, esteriori. È lui, nella magistrale interpretazione di Miklós H. Vecsei, a fare la differenza, ad accentrare su di sé la narrazione e a dare al film la giusta verve narrativa.
Ma la forzatura narrativa di mostrarlo più come un vincitore che come un perdente, quasi a voler dare una versione alternativa dei fatti – un po’ come ha fatto Quentin Tarantino in Bastardi senza gloria e C’era una volta a… Hollywood – finisce per non rendergli giustizia, rischiando di far sembrare tutto un’americanata, riducendo nettamente la drammaticità e la credibilità della vicenda.
Ne esce così fuori una versione fin troppo edulcorata della storia di Ignác Semmelweis, che finisce per essere più un ulteriore torto postumo che un dignitoso tentativo di riabilitazione.
RARO perché… è già un film di due anni fa che racconta, in maniera esageratamente romanzata, una storia che, nell’epoca del dottor Google, potrebbe non interessare molti spettatori…
Voto: 6
Paolo Dallimonti