Una vera chicca per gli amanti dell’opera e non solo questo Maria di Larrain che prosegue nel filone dei biopic femminili. Sono passati tre anni da quando Angelina Jolie è apparsa in un film. Sono lontani i giorni della bomba sexy la cui chimica con il co-protagonista Brad Pitt in Mr. & Mrs. Smith faceva sembrare inevitabile la loro unione. Come celebrità, ha completamente depersonalizzato la sua immagine sexy, enfatizzando invece la sua identità come attivista per i diritti umani e madre di sei figli. Al meglio delle sue possibilità, Jolie è entusiasmante, un talento capace di irrompere nel quadro e farti credere che stia per divorare il mondo intero.
Questa tendenza si mantiene anche in Maria,in cui Jolie interpreta la leggendaria cantante d’opera Maria Callas. Il ruolo è il più ambizioso che abbia avuto in anni, eppure non sembra tanto un ritorno quanto un progetto costruito attorno alla presenza trattenuta e meno sexy che è diventata negli ultimi anni. Il ruolo è stato curato in tutti i dettagli , come il fatto che Jolie abbia trascorso mesi a studiare per cantare opera, con la sua voce reale che si mescola con quella famosa di Callas. Nonostante ciò, c’è un livello di distacco che fa sembrare che stia interpretando una donna che sta interpretando Maria Callas. Un aspetto di questo è intenzionale — Maria è la parte finale di una trilogia di Larraín iniziata con Natalie Portman nei panni di Jackie Onassis in Jackie e proseguita con Kristen Stewart nel ruolo di Lady Diana in Spencer, e mentre è il più debole dei tre, è, come i precedenti, tanto incentrato sulla donna iconica al centro. La sua Maria, che vive a Parigi verso la fine della sua vita, non canta più sul palco da anni, ma non riesce a smettere di esibirsi in casa per la governante o addirittura per le sue allucinazioni.
Tutti e tre questi film di Larraín giocano con l’idea di immagine come potere e prigione. Ma Maria ha la difficoltà maggiore nel trovare questo equilibrio e nel conciliare l’imperiosità che vuole dal suo soggetto con l’insistenza sul fatto che lei ha trascorso la maggior parte della sua vita cercando di piacere a chi la circondava. Il film scivola tra la routine quotidiana di Maria nel 1977 e quelle che ha fatto in passato sul palco, ma c’è poca sostanza carnale nel personaggio sotto i costumi teatrali e gli abiti quotidiani ancora più sontuosi. “Cosa hai preso?” chiede Feruccio (Pierfrancesco Favino), il maggiordomo di Maria. “Ho guadagnato libertà, tutta la mia vita, e il mondo ha preso la mia libertà” risponde lei. Quando Feruccio riesce a organizzare un incontro con il medico che Maria sta evitando, la situazione sanitaria è ormai compromessa in un decadimento esistenziale e viscerale da cui purtroppo non c’è ritorno.
Voto 7
Vito Casale