Scheda Film
Regia: Glenn Ficarra e John Requa
Sceneggiatura: Robert Carlock
Fotografia: Xavier Grobet
Montaggio: Jan Kovac
Musiche: Nick Urata
Scenografia: Beth Mickle
Costumi: Lisa Lovaas
USA, 2016 – Dramedy – Durata: 112′
Cast: Tina Fey, Margot Robbie, Martin Freeman, Billy Bob Thornton, Alfred Molina
Uscita: 19 maggio 2016
Distribuzione: Universal Pictures

Effetto Kabul

Un secolo e passa di Settima Arte ci ha insegnato a diffidare dalle diciture “Tratto da una storia vera” oppure “Ispirato a fatti realmente accaduti”. Solitamente i suddetti riferimenti grafici trovano spazio in testa alla timeline dei film per mettere subito in chiaro con lo spettatore che ciò che sta per scorrere da lì a qualche secondo davanti ai suoi occhi non è il frutto dell’immaginazione dello sceneggiatore di turno, bensì la trasposizione più o meno fedele e romanzata di un qualcosa che trova corrispondenze e fondamenta nel passato di una o più persone. In questo modo, hanno preso e continuano a prendere forma e sostanza sul grande schermo biopic o suoi estratti, o ancora racconti e cronache di esperienze collettive meritevoli di essere rievocate. In tal senso, ci si può imbattere in opere straordinarie, tante altre volte in prodotti audiovisivi da dimenticare al più presto. Whiskey Tango Foxtrot non è né l’una né l’altra, ma si va a collocare esattamente nel mezzo, ossia in quel limbo a limite dell’asticella della sufficienza dove si è soliti andare a posizionare pellicole che, utilizzando una metafora calcistica, sono da metà classifica. Ciò significa che non possono ambire alle posizioni di vertice per una serie di limiti che andremo da qui a poco ad evidenziare, così come non meritano di scivolare nelle zone basse a rischio retrocessione.
Metafore a parte, l’ultima fatica dietro la macchina da presa degli inseperabili Glenn Ficarra e John Requa ha nel proprio dna pregi e difetti che, mescolati, generano un equilibrio che consente al tutto di mantenersi sulla linea di galleggiamente, quanto basta per non mandare a picco la nave e con essa l’intero equipaggio che vi è a bordo. Quest’ultimo è, a nostro avviso, la scialuppa di salvataggio alla quale il fruitore deve aggrapparsi per godersi il racconto e la sua visione. Al suo interno troviamo, infatti, una convincente Tina Fey a tirare le fila di un cast assai variegato, nel quale oltre a lei figurano Martin Freeman, Billy Bob Thornton e Alfred Molina, con lo spagnolo che tra i membri della brigata è quello che offre forse la performance più altalenante. Per quanto ci riguarda, è il lavoro davanti la macchina da presa l’aspetto più interessante dell’operazione. La Fey, in particolare, si cala splendidamente e con la giusta gradazione di sfumature nel ruolo della protagonista, la giornalista americana Kim Baker. Viva e vegeta, la celebre reporter a stelle e strisce è l’autrice delle memorie raccolte nel 2011 sulle pagine di “The Taliban Shuffle: Strange Days in Afghanistan and Pakistan”, ispirate alle sue esperienze nelle zone di guerra agli inizi del Duemila. Quelle pagine si sono trasformate a cinque anni di distanza nel tessuto narrativo e drammaturgico di Whiskey Tango Foxtrot, un adattamento cinematografico che come avrete potuto già immaginare non ci ha fatto saltare in piedi sopra la poltrona, ma nemmeno ci ha fatto venire voglia di abbandonare la sala.
Come nelle pellicole precedenti (da Focus a Crazy, Stupid, Love), la coppia Ficarra e Requa continua a mixare senza soluzione di continuità registri e toni seriosi e comici, così da ottenere una dramedy decisamente classica. L’alternanza inizialmente sembra funzionare, ma alla lunga l’assuefazione a tale modus operandi costringe lo spettatore a scindere le due componenti, preferendo l’una all’altra. In tal senso, in qualità di spettatori vittime della suddetta assuefazione prima che in quella di addetti ai lavori chiamati a esprimere un giudizio a riguardo, abbiamo gradito di gran lunga la componente ironica a quella drammatica. Ridere della goffagine della protagonista, alle prime esperienze come reporter nei teatri di guerra, delle sue disavventure per confezionare i servizi dal fronte da mandare in onda, ci fa guardare quelle esperienze da una prospettiva diversa e con occhi diversi. Quando, invece, si smette di smorzare i toni con lo humour, passando a un mood più drammatico, la scrittura tende ad andare via via in cortocircuito e in stallo, perdendo efficacia e scorrevolezza. Solo in rare occasioni la commistione funnziona, ma non è sufficiente a garantire una continuità allo script e di conseguenza alla messa in quadro. Come già detto, sono gli attori e in primis la Fey a fare da parafulmini, a farsi carico della situazione tutte le volte che questa tende a indebolirsi e a precipitare.
Si palesa, quindi, un disequilibrio tra il comico e il drammatico, con il secondo ingrediente della ricetta che non riesce a tenere il passo del primo. Quando l’opera prova a calarsi nel dramma bellico, nel dolore e nella sofferenza che genera, nella difficoltà e nei rischi di fare un mestiere così delicato e pericoloso come quello del reporter di guerra nelle zone calde, l’opera non riesce a sopportare come dovrebbe il peso di certe argometazioni e si scioglie come neve al sole. Davvero un gran peccato.

Voto: 6 e ½

Francesco Del Grosso