RECENSIONE N.1
Francia dell’800. Un ladruncolo uccide in stato di ubriachezza, e viene condannato alla ghigliottina che deve arrivare. Il capo della polizia(?) in presidio e soprattutto la moglie cercano di valorizzare l’uomo.
Hanno ragione 2 tra i miei critici cinematografici preferiti (la Bignardi e Mojo Zen, entrambi col difetto di spoilerare): l’amore che non muore tra i protagonisti e il calvario del condannato a morte sono solo in realtà lo sfondo per un film sulla coerenza morale di un uomo.
I personaggi di Kusturica (un ottimo “orso”) e della fantastica Binoche non sono che gli elementi-espedienti narrativi (la pena di morte e l’amore) che servono al regista Leconte per fare i conti col vero protagonista e il suo scontro interiore fra la sua posizione militare e le sue idee.
Daniel Auteuil, di cui la mia ragazza se ne è inevitabilmente innamorata, è assolutamente perfetto, e ci regala una delle migliori interpretazioni di questi ultimi anni. Spero che gli diano un qualche premio, è davvero fantastico. Il film è bello, molto bello; verso la fine è un po’ melensuccio e l’avrei stagliuzzato qua e là, ma non rovina di una virgola la sua bellezza ed efficacia. E anche se non è proprio un film sulla pena di morte, alla prossima esecuzione (sic) si può trasmettere al posto dell’ “onesto” Dead Man Walking. ***
Holden
RECENSIONE N.2
La lontana isola di Saint-Pierre, al largo dalle coste del Canada, alla metà del 19° secolo e’ ancora sotto il dominio francese. Neel (Emir Kusturica), un pescatore locale, dopo una sbronza uccide un uomo, e
viene per questo condannato a morte. Bisogna aspettare però l’arrivo di una ghigliottina, e di un boia, e nel frattempo il capitano delle guardie (Daniel Auteuil) e sua moglie (Juliette Binoche) prendono a cuore il suo caso, fino a farlo redimere e a farlo diventare un eroe per l’intera popolazione (meno che per i componenti del Consiglio, preoccupati solo a non sfigurare verso il Governo francese). Leconte si dimostra furbo come da suo solito, e ritaglia un ruolo romantico e maledetto per Emir Kusturica, uno dei personaggi sicuramente più apprezzati dal pubblico cinefilo. Se questo lo ripaga dal punto di vista commerciale, la scelta non si può comunque non considerare ottima, e il film stesso é realizzato in maniera impeccabile. Dramma con momenti di commedia dal sapore antico, “L’amore che non muore” e’ una pellicola romantica, struggente e mai banale (soprattutto nel rapporto tra il capitano delle guardie e sua moglie), realizzata con cura e rivolta allo stesso pubblico che 7 anni fa ha decretato il successo per “Lezioni di piano” (non mi stupirei tra l’altro se ne ripetesse l’exploit agli Oscar). La regia e’ sobria, come si addice al genere, con giusto qualche concessione per il pubblico qua e la (una carrellata all’indietro, qualche panoramica). E nel finale arriva anche l’immancabile tocco kitsch, che sembra ormai essere la moda del momento, in una sequenza drammatica col mare sullo sfondo. La perfezione, insomma.
La donna del capitano francese.
Graziano Montanini