È orgogliosamente dedicata all’esplorazione del tema ‘fallimento’ la 12esima edizione del Festival ORLANDO: Festival di arti performative e cinema, organizzato da Associazione Immaginare Orlando e Laboratorio 80, si svolgerà a Bergamo da sabato 3 a domenica 11 maggio.
Nove giornate di eventi, in nove diversi spazi della città, e più di 20 appuntamenti tra performance, film in anteprima, laboratori, seminari, installazioni, incontri e feste. Ospiti da Nigeria, Francia, Italia, Norvegia e Stati Uniti e oltre 40 realtà coinvolte, in una rete di collaborazioni che va ben oltre il territorio provinciale.
Ma ORLANDO non è solo quantità, è anche e soprattutto qualità e pensiero: “Fallire significa anche avere esperienza delle falle di un sistema che pretende un solo tipo di successo – dice Elisabetta Consonni, Direttrice del Festival -. Ci chiediamo se quelle falle non siano lo spazio fertile per nuove possibilità”.
Tra le artiste e gli artisti presenti quest’anno, il coreografo nigeriano Emmanuel Ndefo, per la prima volta in Italia, il duo norvegese Ann-Christin Kongsness e Marte Reithaug Sterud, a loro volta in anteprima nazionale, e Aristide Rontini, coreografo del gruppo Al.Di.Qua. Artists e attivista per i diritti di artisti e artiste con disabilità, con un lavoro in cui la danza si fa portatrice di diversità.Da segnalare anche Igor x Moreno con lo spettacolo Concerto, dove danza contemporanea e canzone d’autore si fondono in modo inedito.
A condurre seminari e laboratori anche lo statunitense Jack Halberstam, esperto in studi di genere tra i più autorevoli, l’artista di origine eritrea Muna Mussie, il coreografo e musicista francese Gérald Kurdian e F. De Isabella, artista internazionale di base a Milano.
Immancabile l’appuntamento col gruppo Over60, condotto da Silvia Briozzo e Barbara Boiocchi: il gruppo ha incontrato le donne di Spazio Irene (dormitorio Galgario) e le persone del progetto Tantemani e ne è nato Manifeste, performance in forma di percorso tra azioni teatrali e opere grafiche, per rendere visibile l’invisibile e destrutturare i pregiudizi.
Tra i film, tutti in anteprima, Baby di Marcelo Caetano, vicenda di formazione di un giovane in cerca di riferimenti che si lega a un uomo maturo; il documentario Lesvia di Tzeli Hadjidimitriou, sul rapporto tra le donne della comunità omossessuale e gli abitanti di Lesbo negli anni ‘70, e il docu-drama Shadow di Bruce Gladwin della compagnia australiana Back to Back Theatre, storia di un gruppo di attiviste e attivisti con disabilità intellettiva e della loro scoperta di quanto l’agire collettivo possa fare la differenza.
Alla sesta edizione ORLANDO SHORTS, sezione cortometraggi che è anche progetto culturale per under 25: il percorso di selezione ha coinvolto un gruppo di giovani ed è diventato occasione di confronto su temi quali violenza di genere, identità e vissuti della comunità queer.
Torna poi il progetto per immaginare ‘istituzioni fantastiche’ e riflettere sulle soggettività non riconosciute e legittimate dal sistema istituzionale. Immaginare Orlando ha dato vita al Ministero del Fallimento: attraverso incontri col pubblico e un’installazione partecipata in Piazza Libertà, luogo che tornerà alla sua originaria funzione politica di ‘presa di parola’, con l’obiettivo di legittimare l’idea che fallire sia possibile e che il fallimento possa offrire prospettive inedite.
Anche quest’anno un evento extra Festival nel programma del Festival Danza Estate: il 5 settembre si potrà assistere a Flamingo di Elevator Bunker, collettivo artistico di persone con disabilità cognitive.
Spiega Elisabetta Consonni, Direttrice: “Il programma 2025 combina da un lato l’esito di progetti artistici che ci hanno permesso di arrivare a contesti e persone che non avremmo conosciuto altrimenti, e dall’altro spettacoli e performance di artist* nazionali e internazionali che rivendicano il margine come punto di osservazione più ampio. Grazie anche a loro, scopriamo che il successo è l’esito di un sistema che non considera la pluralità di prospettive, identità, corpi.
Vogliamo invece allenarci a una grammatica delle possibilità, per esprimere il desiderio di vivere altrimenti. E affrontare l’elefante nella stanza, che potrebbe rivelarsi una giraffa come nell’immagine del fotografo Martin Kollar, scelta per rappresentare questa edizione”.
Shadow (Bruce Gladwin). Basato sulla pièce “The shadow whose prey the hunter becomes” della compagnia teatrale Back to Back Theatre, il film è una docu-fiction in cui tre portatori di handicap, Simon, Scott e Sarah,
Baby (Marcelo Caetano). Wellington, detto Baby (João Pedro Mariano), un ex-delinquente minorile, viene istruito sulla sopravvivenza di strada da un uomo più anziano, Ronaldo (Ricardo Teodoro), che incontra in un cinema porno a San Paolo, innescando una turbolenta relazione… Sincero coming-of-age che si svolge in un mondo totalmente queer, dove anche l’ex-moglie del co-protagonista si è rifatta una vita con un’altra donna e in cui la sessualità è completamente senza regole. Una storia in cui il mentore ha più bisogno del discepolo che il contrario, nella quale a maturare sarà senz’altro chi all’apparenza dovrebbe essere più maturo. Una pellicola schietta che arriva diretta, come i pugni che Ronaldo insegna a sferrare a Baby. Ribelle (senza una causa). Voto: 7 e ½
Lesvia (Tzeli Hadjidimitriou). Dagli anni settanta, lesbiche provenienti da ogni parte del mondo sono state attratte dall’Isola di Lesbo, patria dell’antica poetessa greca Saffo. Quando scoprono questo piccolo paradiso, in particolare nella cittadina di Eressos, e iniziano a ritagliarsi la propria comunità lesbo, cominciano a spuntare le prome frizioni con la comunità locale. La filmaker Tzeli Hadjidimitriou, lesbica e nativa dell’isola, racconta le vicende nell’arco di oltre quarant’anni da un doppio, esclusivo punto di vista. Amore, senso di comunità, conflitto e il senso di essere accettati. E racconta anche di come, con l’evoluzione dei costumi sessuali molto di quel senso di sorellanza e di trasgressione sull’isola si sia perso. Un ritratto affascinante e coinvolgente. Amarcord! Voto: 7
Un couteatu dans le coeur (Yann Gonzalez). Parigi, estate del 1979. Anne (Vanessa Paradis) è una produttrice di porno gay dal budget limitato. Quando Loïs (Kate Moran), la sua montatrice e partner, la lascia, lei cerca di riconquistarla rendendo più ambizioso il suo prossimo film con l’esuberante Archibald (Nicolas Maury). Ma nel frattempo un killer misterioso inizia ad eliminare le persone intorno a lei… Curiosissimo film passato anche all’epoca nei principali festival di genere nazionali, è un coloratissimo caleidoscopio che, a suo modo, cerca di omaggiare i principali autori italiani, da Bava ad Argento, passando per Fulci, e che, come loro, è attento più alle immagini e alle sensazioni che alla trama. La pellicola, a tratti molto kitsch, procede spesso più per associazione d’idee che secondo lo sviluppo logico di una trama. Memorabili e indelebili alcuni personaggi, come il Bouche d’or di Pierre Pirol (che omaggerebbe il proverbiale Carmelo Petix) e la Cathy Vannier di Romane Bohringer. Non un capolavoro, ma sicuramente da recuperare. Feticistico. Voto: 6 e ½
Dal nostro inviato Paolo Dallimonti.