Scheda film
Titolo originale: The autopsy of Jane Doe

Regia: André Øvredal
Sceneggiatura: Ian B. Goldberg, Richard Naing
Fotografia: Roman Osin
Montaggio: Peter Gvozdas, Patrick Larsgaard
Musiche: Danny Bensi, Saunder Jurriaans
Stati Uniti d’America, 2016 – Horror/Thriller – 86′
Cast: Emile Hirsch, Brian Cox, Ophelia Lovibond, Michael McElhatton, Olwen Catherine Kelly
Uscita: 8 marzo 2017
Distribuzione: M2 Pictures

Un cadavere in perfetto stato di composizione

Per anni ci siamo chiesti chi avesse ucciso Laura Palmer. Un vero e proprio tormentone, questo, entrato a gamba tesa nell’immaginario comune degli anni Novanta e in quello dei milioni di estimatori della nota serie televisiva statunitense ideata da David Lynch e Mark Frost, dal titolo Twin Peaks. La Palmer era una liceale diciassettenne che conduceva un’insospettabile doppia vita, il cui misterioso omicidio farà emergere i numerosi segreti della cittadina nella quale vive. Un vero e proprio ginepraio simile a un vaso di Pandora scoperchiato, ma che sarebbe stato meglio tenere sigillato.
Ora, a distanza di decenni, un altro misterioso cadavere di una donna di bella presenza viene rinvenuto e anche stavolta le conseguenze saranno atroci, devastanti e sanguinarie, per tutti coloro che vi entreranno a contatto. Ma per scoprire di cosa si tratta non dovrete accendere la televisione, tantomeno sintonizzarvi su una delle tante trasmissioni dedicate alla cronaca nera che affollano i palinsesti del piccolo schermo, bensì recarvi al cinema per vedere Autopsy, l’esordio in lingua inglese del norvegese André Øvredal, approdato nelle sale nostrane con M2 Pictures lo scorso 8 marzo. Decisamente un modo piuttosto alternativo per festeggiare la festa della donna.
La pellicola ci catapulta senza se e senza ma al seguito di Tommy Tilden, un esperto medico legale che gestisce con suo figlio Austin un obitorio in Virginia. Un giorno lo sceriffo del posto arriva con un caso di emergenza, il cadavere di una donna sconosciuta ritrovato in un seminterrato a seguito di un pluriomicidio. Sembra un caso come tanti, ma nel corso dell’autopsia i due professionisti vengono man mano turbati da nuove, terrificanti scoperte. Il corpo della donna è perfettamente conservato all’esterno, ma all’interno è stato smembrato e rimangono segni di cicatrici e bruciature, come se fosse stata vittima di un orribile e misterioso rituale di tortura. Mentre padre e figlio cercano spiegazioni scientifiche plausibili a queste scoperte raccapriccianti, cose sempre più inspiegabili sembrano succedere nell’obitorio…
Con Autopsy, l’autore del folgorante – e ormai cult – mockumentary Trollhunter e del pregevole Future Murder torna a deliziare gli appassionati del cinema di genere con un’altra piccola perla. L’horror-thriller firmato dal regista scandinavo si rivela, infatti, una piacevole sorpresa, in particolare per chi, come noi, preannunciava l’ennesima débâcle di un cineasta europeo di sicuro talento in trasferta hollywoodiana. La storia della Settima Arte ci è infatti testimone, con tutta una serie di cineasti del Vecchio Continente che, attirati dalle sirene a stelle e strisce d’oltreoceano, hanno finito con lo smarrire la retta via (vedi il francese Mathieu Kassovitz). Ma per fortuna nostra e sua, il nome di Øvredal non figura in questa triste e negativa statistica. La sua ultima fatica dietro la macchina da presa battente bandiera statunitense è senza ombra di dubbio una delle più convincenti del filone orrorifico programmate nell’attuale stagione cinematografica.
A giudicare dalla sinossi e dai suoi sviluppi sullo schermo, Øvredal sembra da una parte intenzionato a proseguire sulla scia rosso sangue inaugurata nel 2000 con l’opera prima Future Murder (non mancano i dettagli dello smembramento del corpo del cadavere durante l’autopsia), mentre dall’altra prova a sperimentare nuove soluzioni narrative e drammaturgiche passando attraverso un riuscito processo di ibridazione. Qui mescola l’horror di stampo sovrannaturale con una buona dose di miscela mistery. Il risultato è un crescendo al cardiopalma che non lascia allo spettatore nemmeno il tempo di respirare, con i due protagonisti (i convincenti Emile Hirsch e Brian Cox) costretti a giocare al gatto e al topo con la creatura malefica di turno. Le continue strizzatine d’occhio ai polaskiani Il coltello nell’acqua e Repulsione, ma anche a Martyrs di Pascal Laugier, servono agli autori dello script per consegnare nella mani del regista norvegese un kammerspiel ansiogeno e profondamente claustrale, che immerge il fruitore in un incubo a scatola chiusa. Ingredienti, questi, che Øvredal esaspera e aumenta in maniera esponenziale con un lavoro dietro la macchina da presa di pregevole fattura e con un ottima gestione dello spazio scenico nonostante le limitazioni dei pochi ambienti a disposizione. Per il resto, qualche scivolone qua e là lungo la timeline dal punto di vista della scrittura non sono sufficienti a mettere in pericolo la riuscita del film.

Voto: 8

Francesco Del Grosso