Scheda film
Regia: Matteo Scifoni
Sceneggiatura: Matteo Scifoni
Fotografia: Ferran Paredes Rubio
Montaggio: Francesco De Matteis
Scenografie: Valentina Scalia
Costumi: Lavinia Bonsignore
Musiche: Stefano Fresi
Italia, 2013 – Poliziesco – Durata: 93′
Cast: Giorgio Colageli, Domenico Diele, Xhilda Lapardhaja,
Gian Marco Tognazzi, Ivan Franek, Luca Angeletti
Uscita: 3 settembre 2015
Distribuzione: ASAP Cinema Network

Sale: 11

Ore contate

In attesa che diventi per quei pochi fortunati un vero e proprio lavoro, continuativo e fonte di sussistenza, il cinema è prima di tutto una passione viscerale che nasce e cresce in tutti coloro che hanno deciso di iniziare una carriera dietro la macchina da presa. Fisiologico che lungo il percorso di avvicinamento al mestiere di regista vi sia un approccio conoscitivo e didattico alla materia in termini di hardware, software e di linguaggio, che prosegue anche durante la cosiddetta gavetta. Ma una passione, come tutte le passioni, si nutre o si lascia guidare da esempi, modelli o schemi, vale a dire da quelle tracce lasciate nei decenni dai predecessori. Queste tracce possono in un modo o nell’altro influenzare le nuove leve, diventando fonti inesauribili dalle quali attingere a piene mani attraverso citazioni, emulazioni e omaggi più o meno riconoscibili. Capita che ci si imbatta in cineasti come Matteo Scifoni che, per il suo esordio nel lungometraggio dal titolo Bolgia totale, ha scelto di riversare sul grande schermo quelle passioni e quelle fonti d’ispirazione che ne hanno segnato e accompagnato il percorso pre e post accademico.

La pellicola, nella sale nostrane con le venti copie messe a disposizione da ASAP Cinema Network a partire dal 3 settembre, trasuda da ogni frame che va a comporre la sua timeline, amori mai sopiti e ancora vivi nei confronti del noir e della crime fiction old style, considerati dalla stragrande maggioranza degli addetti ai lavori, secondo una facile nomenclatura, nient’altro che dei figli legittimi del cinema di genere, al contrario di quella piccolissima fetta rimanente, della quale fa parte lo stesso Scifoni, che li ritiene piuttosto dei colori, degli stati d’animo o delle sensazioni. Come tali, il regista romano se ne serve per cucire i fili drammaturgici dello script della sua opera prima, una sorta di “mosaico” narrativo che si compone di tasselli presi in prestito, ma non sempre rielaborati, da quel modo di fare e concepire la Settima Arte che tanto ha amato e che continua ad amare. Bolgia totale è l’unione di questi tasselli, provenienti da fonti geografiche ed epocali distanti come il poliziottesco anni Settanta made in Italy e quello a stelle e strisce targato anni Novanta. Se dal primo prende in prestito più che le situazioni e gli stereotipi, suggestioni per sottrarre all’anagrafe nomi e cognomi da dare ai personaggi presenti nel film, è dal secondo che il saccheggio si fa più corposo ed evidente. Plot, dinamiche e profili caratteriali delle figure che lo animano infatti fanno chiaramente parte quel immaginario, a cominciare dal vecchio ispettore Quinto Cruciani, alcolizzato giocatore d’azzardo incallito e consumatore abituale di droghe a un passo dalla pensione, che non può non riportare alla mente il protagonista de Il cattivo tenente. Così come le visioni che tormentano l’iper violento, psicotico e schizzato giovane spacciatore al quale Cruciani dà la caccia, ossia Michele Loi, che proietta i ricordi dei cinefili più attenti a quelle che affliggono il Clarence Worley di Una vita al massimo (lì si palesa il fantasma di Elvis, mentre qui è il turno di un pistolero dei spaghetti western fare da cattivo consigliere). Ma è nei confronti del meno conosciuto Miami Blues, trasposizione dell’omonimo romanzo di Charles Willeford che Bolgia totale di Scifoni ha il debito drammaturgico più corposo, poiché è proprio con il film del 1990 diretto da George Armitage che il collega romano sembra avere più affinità elettive, sia per quanto concerne similitudini nel racconto e in alcune scene che lo compongono, sia per il disegno analogo dei personaggi chiave e secondari.

Detto questo, il risultato è un poliziesco che si veste da noir metropolitano (ben fotografato da Ferran Paredes Rubio), popolato come nelle migliori tradizioni da profili marginali, ossia da perdenti che hanno fallito secondo gli standard della Società che li ospita. Per cui, quelli che animano la caccia all’uomo al centro dello script, Cruciani da una parte (un inedito Giorgio Colangeli) e Loi dall’altra (un Domenico Diele discontinuo), sono facce della stessa medaglia, antieroi per antonomasia che non agiscono per etica professionale, né per soldi o per motivi personali, ma per un puro spirito di sopravvivenza. La solitudine è il loro compagno di vita e per combatterla inseguono affetti, anestetizzando il quotidiano con alcolici e stupefacenti. Il loro essere degli antieroi li mette sullo stesso piano, separati solo da una flebile soglia che separa il bene dal male. Per costruirli, come abbiamo sottolineato precedentemente, Scifoni si appoggia senza remore all’immaginario cinematografico e anche a quello letterario, cavalcando l’onda dello stereotipo e del cliché facendosi però travolgere in più di un’occasione. Cerca, riuscendoci in parte, di trovare spunti personali e questo gli va riconosciuto, come ad esempio la scelta di non scomodare la femme fatale o la dark lady di turno, puntando al contrario su un personaggio femminile meno appariscente, ma tenero e ben delineato, vale a dire la spogliarellista albanese muta di nome Zoe della quale Loi è innamorato e che nel film è interpretata da una convincente Xhilda Lapardhaja. Quest’ultima fa parte di una galleria di personaggi riusciti, per lo più secondari come nel caso del boss della situazione, un cattivissimo Ivan Franek nei panni dello spietato Felix.

Bolgia totale non è tra i migliori prodotti in circolazione, a causa di dialoghi che spesso lasciano più di un dubbio, ma comunque meritevole di una possibilità di visibilità, anche se la data di uscita in piena bagarre lidense potrebbe almeno mediaticamente tagliargli le gambe. Resta comunque un tentativo coraggioso, da supportare nonostante i limiti dimostrati, a maggior ragione se si pensa che è stato realizzato senza alcun supporto ministeriale in modalità low budget.

Voto: 6

Francesco Del Grosso