Scheda film
Regia: Daniele Luchetti
Soggetto: dal libro omonimo di Domenico Starnone
Sceneggiatura: Domenico Starnone, Francesco Piccolo e Daniele Luchetti
Fotografia: Ivan Casalgrandi
Montaggio: Daniele Luchetti, Ael Dallier Vega
Scenografie: Andrea Castorina
Costumi: Massimo Cantini Parrini
Suono: Carlo Missidenti
Italia, 2020 – Drammatico – Durata: 100′
Cast: Alba Rohrwacher, Luigi Lo Cascio, Laura Morante, Silvio Orlando,
Giovanna Mezzogiorno, Adriano Giannini, Linda Caridi
Uscita in sala: 30 settembre 2020
Distribuzione: 01 Distribution

Questo amore è una catena

L’amore si sa è il sentimento più forte che ci possa essere e in quanto tale unisce in maniera indissolubile, ma al contempo può trasformarsi nel suo doloroso opposto, ossia in una gabbia dalla quale è difficilissimo evadere, una catena che lega due persone anche quando quel legame si è da tempo spezzato. Ed è una condizione che il romanzo di Domenico Starnone dal titolo “Lacci”, il suo adattamento teatrale firmato da Armando Pugliese poi e la trasposizione cinematografica di Daniele Luchetti ora raccontano e mettono in scena con grande verità. Sta in questo avere saputo rispecchiare senza fronzoli, con onestà e senza cuscinetti pronti a parare i colpi, questo limbo in cui moltissimi rapporti nella vita reale finiscono loro malgrado, ricadendo poi sulla prole che ne subirà le conseguenze, il valore aggiunto dell’opera. Un valore che l’ultima fatica dietro la macchina da presa del cineasta capitolino, nelle sale a partire dal 30 settembre dopo l’apertura fuori concorso alla 77esima Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia (era da Baarìa di Tornatore che non accadeva), ha mantenuto intatto e utilizzato per tessere un filo diretto ed empatico con lo spettatore di turno.

Le emozioni, quelle, non vengono mai meno nell’intero arco narrativo spazio-temporale lungo il quale si snoda il plot, indipendentemente da quale dei tre atti che compongono la timeline il fruitore si misuri. Atti che scandiscono le fasi di un’amore nato e divampato, interrotto bruscamente e ripreso per i capelli ma senza più calore a scaldarlo. Tutto ha inizio nella Napoli dei primi anni Ottanta. Lì Aldo e Vanda s’incontrano e s’innamorano quando ancora sono giovani, forse troppo giovani per sposarsi. Ciononostante decidono di promettersi amore eterno, smaniosi di vivere una vita indipendente e di costruire qualcosa di loro. Effettivamente lo fanno: nascono Sandro e Anna, due splendidi bambini che portano gioia e tanta emozione in casa. La loro vita scorre tranquilla: un impiego stabile, una casa da costruire, una famiglia da far crescere. Con il passare del tempo Aldo si sente soffocare, crede che il matrimonio lo abbia imprigionato limitando la sua libertà. Attratto così da una giovane studentessa, all’età di trent’anni, l’uomo decide di seguire ciò che lo appassiona davvero: scappa a Roma e abbandona improvvisamente sua moglie e i suoi figli, pur sapendo che quest’avventura non avrà futuro e che il suo posto è a casa con la sua famiglia. E infatti, trent’anni dopo, Aldo e Vanda sono ancora sposati.

«Quando ho letto per la prima volta “Lacci” ho trovato domande che mi riguardavano e personaggi nei quali era difficile non identificarsi. Attraverso una storia familiare che dura trent’anni, due generazioni, legami che somigliano più al filo spinato che a lacci amorosi, si esce con una domanda: hai permesso alla tua vita di farsi governare dall’amore? Lacci è un film sulle forze segrete che ci legano. Non è solo l’amore ad unire le persone, ma anche ciò che resta quando l’amore non c’è più. Si può stare assieme per rancore, nella vergogna, nel disonore, nel folle tentativo di tener fede alla parola data. Lacci racconta i danni che l’amore causa quando ci fa improvvisamente cambiare strada e quelli – peggiori – di quando smette di accompagnarci». Le note di regia di Luchetti sono perfette per sintetizzare gli intenti e i contenuti che hanno guidato a suo tempo (il 2014) la penna di Starnone, gli stessi che con il suo film ha voluto restituire fedelmente. Ci si trova così a fare i conti con un carico di sofferenza che da una generazione si proietta su quella successiva con il suo bagaglio di errori, infingimenti, viltà, abbandoni e dolore. Questa è la scottante e delicata materia prima che alimenta un giallo sui sentimenti, che parla di lealtà ed infedeltà, di rancore e vergogna. Ferite e cicatrici che restano dentro, nonostante tutto e tutti.

Nel passaggio dalle pagine della matrice letteraria allo schermo, l’architettura narrativa e drammaturgica non ha perso il suo carattere verboso, ereditando in alcuni passaggi e dinamiche (dialoghi fitti e corposi, oltre che diverse scene in interni) anche un respiro e un impianto teatrali dal precedente adattamento per il palcoscenico. Questo ci spinge a pensare che forse le “case” più adatte ad accogliere un testo come quello di Starnone, proprio per le caratteriste intrinseche che si porta dietro, restano quella natia e semmai quella teatrale. Il film tuttavia riesce a sfiorare le corde del cuore senza mai forzare la mano, anche se in certi momenti eccede nel sottolineare con troppa enfasi recitativa. Ciò non mette in discussione la qualità della direzione attoriale di Luchetti e la performance corale degli interpreti chiamati in causa, nella quale spicca senza ombra di dubbio quella di Silvio Orlando.

Voto: 6 e ½

Francesco Del Grosso