Scheda film
Titolo originale: Time out of mind
Regia: Oren Moverman
Soggetto: Jeffrey Caine
Sceneggiatura: Oren Moverman
Fotografia: Bobby Bukowski
Montaggio: Alex Hall
Scenografie: Kelly McGehee
Costumi: Catherine George
Trucco: LuAnn Claps
USA, 2014 – Drammatico – Durata: 117′
Cast: Richard Gere, Ben Vereen, Jena Malone, Kyra Sedgwick
Distribuzione: Lucky Red
Uscita: 15 giugno 2016

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Una Grande Mela “marcia”

Il film, liberamente ispirato al romanzo “The land of lost souls” (2009), descrive la vita di George (Richard Gere), homeless newyorkese in perenne vagabondaggio con al suo seguito un conto altissimo da pagare addebitatogli dal mondo che egli stesso si è creato.
La sua lotta quotidiana di sopravvivenza è resa ancor più complicata dalla situazione di un paese, gli Stati Uniti, alle prese con un’epocale e devastante recessione economica.
Il senza tetto si trova ad affrontare una vita da invisibile in un mondo dove il mostrarsi è ormai diventato un “must”, senza nemmeno il conforto della figlia Maggie (Jena Malone), rancorosa nei suoi confronti per vecchi e mai sopiti dissapori.
Girato in sole 3 settimane tra le strade della Grande Mela e i suoi Centri di assistenza, questo lungometraggio cerca da subito di comunicarci quanto la comunità “bianca” sia disinteressata verso l’argomento, contrapponendo invece l’interesse più vivo delle persone di colore e di altre etnie alla problematica, in quanto più chiamate in causa dalla questione.
Senza dubbio l’aspetto più interessante di quest’opera, che non convince pienamente, risiede nella regia di Oren Moverman (Oltre le Regole – The Messenger): molte delle riprese sono effettuate dall’interno verso l’esterno ed evidenziano l’estraneità dalla società e la tossicità pronunciata del barbone. Lo sguardo della macchina da presa insiste a riprendere il protagonista escluso dal calore della casa, dalle sensazioni di gioia e svago dei pub che sono accessibili solo alle persone che hanno un luogo a cui appartenere. Il regista inserisce sapientemente diversi ambienti tra la cinepresa ed il clochard: appartamenti, finestre, strade, passanti, fino a distinguere solo un disordinato movimento della metropoli, oltre questo margine vive l’inutile George.
Time out of Mind fa parte dichiaratamente di un certo tipo di cinema indipendente americano che fa riflettere ma anche storcere un po’ il naso. Forse l’errore più grande sta proprio nella scelta di Richard Gere (qui anche produttore) di interpretare un ruolo che non sembra proprio calzagli a pennello. Il suo essere divo a 360° non giova, troppo curato nell’aspetto (vedi manicure perfetta) e l’immedesimazione nel personaggio trasandato e intorpidito gli riesce solo a tratti.
Sicuramente, il messaggio universale di cosa si può veramente chiamare casa arriva allo spettatore, ma non lo colpisce in pieno, complice anche una lunghezza esagerata che dilata la narrazione e che rende il tutto decisamente tedioso.
L’ago della bilancia si assesta su una non piena sufficienza di risultato. Il fallimento umano che potrebbe infettare addirittura i componenti della propria famiglia non raggiunge l’apice: nel finale la figlia Maggie tende la mano allo sciagurato padre diventando lei stessa quel genitore che non ha mai avuto, capovolgendo così le regole naturali che nel mondo odierno vengono spesso ribaltate.

RARO perché… Richard c’ha creduto molto, ma è stato il solo…

NOTE: il film venne presentato alla Festa Internazionale del Film di Roma 2014.

Voto: 5 e ½

David Siena